martedì 17 marzo 2015

17 marzo 1899: l'Hotel Windsor di NY va a fuoco.

 Nel giorno di San Patrizio del 1899, mentre si svolgeva la tradizionale parata degli irlandesi di New York, uno dei più prestigiosi hotel di Manhattan, il Windsor Hotel, al 575 di Fifth Avenue, fu distrutto da un incendio. Nelle fiamme, quel 17 marzo, morirono 
almeno novanta persone, molte delle quali per essersi gettate dalle finestre dei piani più alti, proprio come successe 102 anni più tardi nell'attacco delle Torri Gemelle. Molti vigili del fuoco lottarono contro il fuoco indossando ancora la loro divisa da  parata. Mentre facevo ricerche per "Un Amore di Fine Secolo" rimasi molto impressionata da quell'episodio tragico, tanto che decisi di inserirlo nel mio romanzo e di mostrarlo attraverso gli occhi della mia protagonista, Camille Brontee.  Ecco un estratto.

DA: UN AMORE DI FINE SECOLO 
(CAPITOLO 26)


"Se l’inferno esiste, dev’essere questo, pensò Camille.
All’inizio a investirla furono le urla e le voci, poi l’odore acre del fumo e il calore, come un presagio di morte.
Di fronte al Windsor, ormai avvolto dalle fiamme, la Quinta Avenue brulicava di mezzi di soccorso, di pompieri, alcuni vestiti con l’uniforme di gala indossata per la parata, di infermieri e poliziotti, mentre la folla di curiosi mescolata alla marea verde degli irlandesi sembrava crescere di secondo in secondo.
In mezzo a quella confusione i superstiti di quel rogo orrendo piangevano a dirotto, cercavano i loro cari, raccontavano del loro miracoloso salvataggio e, benché fossero ormai fuori pericolo, non riuscivano a darsi pace.
Le urla si susseguivano incessanti e terribili, accrescendo il manto di panico e dolore che in poche ore aveva coperto quell’angolo di mondo.
Catene di mani trasportavano secchi d’acqua nell’inutile tentativo di spegnere un muro di fuoco che neppure gli idranti sembravano riuscire a indebolire.
Camille abbandonò la bicicletta in un angolo e si fece largo attraverso la folla e il cordone della sicurezza sino a un gruppo di giornalisti che sostava davanti al lato est del palazzo.
«Miss Brontee, non è uno spettacolo per voi» le disse un cronista del Journal.
Lei non gli rispose, ma seguì lo sguardo allucinato dei suoi colleghi. Tutti guardavano in alto.
Fu allora che li vide.
Uomini e donne affacciati alle finestre che gridavano, invocando un aiuto che già sapevano non sarebbe arrivato. Infatti, non solo le scale portate sul posto dai pompieri erano ferme ai piani più bassi dove altre persone, più facilmente raggiungibili, aspettavano di essere salvate, ma la rete delle scale di sicurezza era impraticabile perché arroventata dalle fiamme.
Alcuni di quei disperati riuscirono a salvarsi lanciandosi dalle finestre nelle grosse reti tese dai pompieri a quello scopo. Altri, ormai raggiunti dal fuoco, saltarono nel vuoto sfracellandosi al suolo.
Camille non riusciva più a respirare, e non certo per il fumo che inondava l’aria. Era lo strazio a pesarle come un macigno sull’anima.
Trovò il modo di dare una mano, prima occupandosi dei bambini tratti in salvo, poi unendosi alla lunga catena umana che trasportava secchi d’acqua e di sabbia. Si prodigò sino all’ultimo, sino a quando qualcuno non la prese da parte e le ordinò con voce decisa di scappare, che presto quella prigione di fuoco sarebbe crollata.
Fu allora che, per la prima volta da quando era arrivata, si chiese dove fosse finito Frank Raleigh. 
.....
Nei giorni successivi si contarono circa novanta fra morti e dispersi nell’incendio del Windsor; alcuni corpi vennero ritrovati, altri non lo furono mai. Le macerie vennero caricate su carri e portate via, i mattoni intatti furono recuperati e utilizzati per costruire nuovi palazzi. La Quinta Avenue, annerita dal fumo e dal dolore, per alcuni giorni assunse l’aspetto di un infinito corteo funebre.
Non fu mai indicato il nome di un colpevole. E neppure ne venne mai compresa l’origine: se fosse stata dolosa o dovuta alla scelleratezza umana non si seppe mai.
Camille Brontee investigò sull’incidente fino a consumare se stessa e in più di un articolo accusò di colpevolezza e negligenza il proprietario del Windsor, Elbridge Garry, per non aver dotato il suo lussuoso hotel delle necessarie misure di sicurezza."



Yours Truly
              Viviana





domenica 8 marzo 2015

EMMA DAY, ANNO PRIMO

Ecco, già ne sento gli effetti. Il font, signori e signore, il font. Ho dubbi sul font. Sto usando il noioso verdana per scrivere questo post, ma so che alla fine, quando dovrò pubblicarlo, lo sostituirò. OK, pensate pure che sono diventata pazza, ma non è così, almeno non proprio. Il fatto è che ieri, 7 marzo 2015, si è svolta la prima edizione dell' EmmaDay, giornata di riflessione e formazione dedicata a chi scrive e a chi vorrebbe farlo organizzata dalla mia casa editrice, Emma Books

La mattina.  
Dopo un ottimo caffè accompagnato da delizie varie,  il primo incontro è con lo scrittore Giuseppe Lupo che ci intrattiene sul tema:"Raccontare da vicino per approdare lontano." Originario della Lucania, Lupo dice di aver cominciato a leggere da ragazzo solo dopo il devastante terremoto dell'80 perché in quella drammatica situazione "non c'era altro da fare". I suoi  consigli? Narrare per emozionare, per ricucire, per ricostruire; scrivere per inventare mondi; divertirsi scrivendo, scrivere per divertirsi. Un po' come faceva suo nonno quando diceva "vado a prendere un caffè in piazza",  quasi stesse partendo alla scoperta delle meraviglie del mondo (quanto mi è piaciuta questa cosa!).
Il font, eccolo di nuovo.Voi sapete cos'è il comic sans? È un carattere Microsoft, quello tipico del fumetto per intenderci, che è stato così ab-usato negli anni '90 (persino dal Wall Street Journal!) che è nato addirittura un movimento per farlo fuori ("bancomicsans"). Partendo dalla guerra tra Jobs e Bill Gates della metà degli anni '80 (ho sempre tifato per Mac), Marco Ghezzi, cofondatore di BookRepublic, ci ha regalato una splendida riflessione tra storia e social-ogia dedicata all'influenza del font sulla parola scritta e letta e alle convenzioni acquisite che riguardano i font - alle quali tutti noi ci adeguiamo. Esempio: se dovete inviare un documento ufficiale - compreso un manoscritto a una CE -, non ricorrete forse al Times New Roman?).  Il panel di Ghezzi? Per me un vero momento mastercard (senza prezzo). 
Il pomeriggio.

A fine pranzo -  delizioso - si torna al lavoro. Da una parte Adele Vieri Castellano e Monica Colombo parlano di come dar vita a luoghi e personaggi indimenticabili seguendo la regola fondamentale del show, don't tell (mostra, non descrivere) dall'altra moi, io, Emma che si racconta, in: dalla penna ai bit, storia di una autrice (ovvero come stare sui social senza rompere troppo gli zebedei al mondo). Stare su internet oggi non è più un optional, ma è un alleato fenomenale per ogni autore - dal bestseller all'ultimo arrivato (moi, appunto);  non  aiuta forse a vendere romanzi al minuto, come al mercato, ma a farti conoscere e ad allargare la cerchia dei tuoi potenziali lettori sì. Anche le CE più tradizionali se ne sono accorte (alleluia!) e pare che oggi lo pretendano dai loro autori per contratto.  

Aperitivo con gli astri.
La giornata si conclude con con un intervento (quasi  spettacolo) di Marco Pesatori, colui che cura l'oroscopo per Repubblica, studioso degli astri e dell'essere umano; segno per segno, descrive pregi e difetti degli scrittori (anche di quelli presenti, ahimè): grande, esilarante e inatteso!

I miei grazie vanno a:
Maria Paola Romeo, direttore editoriale di Emma Books (e mia editor di superlusso) e Marco Ferrario, cofondatore e CEO di BookRepublic: hanno preso parte stoicamente a tutti gli incontri arricchendoli con una facilità invidiabile di contenuti meravigliosi. Viola Marconi, di Book Republic, per i suoi suggerimenti all'avanguardia sui social. Valentina e Valeria (le altre due V di casa) per aver fatto funzionare l'EmmaDay come una perfetta macchina da guerra e per i loro insostituibili tweet. 
I miei grazie vanno ancora a tutti i relatori e infine alla allegra e preponderante presenza femminile e alle molte amiche/autrici presenti che hanno reso ancora più piacevole la giornata: Rossella Calabrò, Paola Gianinetto, Patrizia Violi, Silvia Ami oltre alle già citate Adele Vieri Castellano e Monica Lombardi (nella foto Lombardi, Vieri Castellano, Gianinetto, Ami e, sullo sfondo, con la tazzina in mano, Patrizia Violi).


Yours Truly
                            Viviana

Ps: e il font? Purtroppo blogger non offre una gran  varietà di scelta, ma visto che si chiama quasi come me, scelgo il Georgia. Il Comic Sans, purtroppo, non c'è.

Momenti Twitter della giornata:

#social avvicinano l'autore al lettore, colmano il vuoto che spesso lasciano gli editori. Parola di @VivianaGiorgi1 #EmmaDay 
Amazon, editori e librerie: per scrivere bisogna conoscere i mutamenti dell'editoria, capirne le dinamiche 
I book blogger possono orientare le scelte dei lettori, fanno quello che una volta facevano i librai. @Bookrep @VivianaGiorgi1
Prima di proporsi, è importante conoscere i cataloghi degli editori a cui mandare il manoscritto @VivianaGiorgi1 
Oggi pubblicare in cartaceo può voler dire non riuscire ad arrivare in libreria. Nel digitale questo non accade. @VivianaGiorgi1 @Bookrep
Mai sottovalutare le scelte tipografiche: importanti sia per lettura sia per scrittura. @marcoghezzi per ‪#‎EmmaDay‬ 
GIUSEPPE LUPO:
"Lavorare per promuoversi è come avere tanti orti: coltivare un po' qui e un po' lì e raggiungere tutti"
"La terra dello scrittore è la sua lingua" sostiene Giuseppe Lupo #EmmaDay 
all'#EmmaDay: per essere scrittori consapevoli bisogna essere lettori consapevoli