almeno novanta persone, molte delle quali per essersi gettate dalle finestre dei piani più alti, proprio come successe 102 anni più tardi nell'attacco delle Torri Gemelle. Molti vigili del fuoco lottarono contro il fuoco indossando ancora la loro divisa da parata. Mentre facevo ricerche per "Un Amore di Fine Secolo" rimasi molto impressionata da quell'episodio tragico, tanto che decisi di inserirlo nel mio romanzo e di mostrarlo attraverso gli occhi della mia protagonista, Camille Brontee. Ecco un estratto.
DA: UN AMORE DI FINE SECOLO
(CAPITOLO 26)
"Se l’inferno esiste, dev’essere questo, pensò Camille.
All’inizio a investirla furono le
urla e le voci, poi l’odore acre del fumo e il calore, come un presagio di morte.
Di fronte al Windsor, ormai avvolto
dalle fiamme, la Quinta Avenue brulicava di mezzi di soccorso, di pompieri,
alcuni vestiti con l’uniforme di gala indossata per la parata, di infermieri e
poliziotti, mentre la folla di curiosi mescolata alla marea verde degli
irlandesi sembrava crescere di secondo in secondo.
In mezzo a quella confusione i
superstiti di quel rogo orrendo piangevano a dirotto, cercavano i loro cari,
raccontavano del loro miracoloso salvataggio e, benché fossero ormai fuori
pericolo, non riuscivano a darsi pace.
Le urla si susseguivano incessanti e
terribili, accrescendo il manto di panico e dolore che in poche ore aveva
coperto quell’angolo di mondo.
Catene di mani trasportavano secchi
d’acqua nell’inutile tentativo di spegnere un muro di fuoco che neppure gli
idranti sembravano riuscire a indebolire.
Camille abbandonò la bicicletta in
un angolo e si fece largo attraverso la folla e il cordone della sicurezza sino
a un gruppo di giornalisti che sostava davanti al lato est del palazzo.
«Miss Brontee, non è uno spettacolo
per voi» le disse un cronista del Journal.
Lei non gli rispose, ma seguì lo
sguardo allucinato dei suoi colleghi. Tutti guardavano in alto.
Fu allora che li vide.
Uomini e donne affacciati alle
finestre che gridavano, invocando un aiuto che già sapevano non sarebbe
arrivato. Infatti, non solo le scale portate sul posto dai pompieri erano ferme
ai piani più bassi dove altre persone, più facilmente raggiungibili,
aspettavano di essere salvate, ma la rete delle scale di sicurezza era
impraticabile perché arroventata dalle fiamme.
Alcuni di quei disperati riuscirono
a salvarsi lanciandosi dalle finestre nelle grosse reti tese dai pompieri a
quello scopo. Altri, ormai raggiunti dal fuoco, saltarono nel vuoto
sfracellandosi al suolo.
Camille non riusciva più a
respirare, e non certo per il fumo che inondava l’aria. Era lo strazio a
pesarle come un macigno sull’anima.
Trovò il modo di dare una mano,
prima occupandosi dei bambini tratti in salvo, poi unendosi alla lunga catena
umana che trasportava secchi d’acqua e di sabbia. Si prodigò sino all’ultimo,
sino a quando qualcuno non la prese da parte e le ordinò con voce decisa di
scappare, che presto quella prigione di fuoco sarebbe crollata.
Fu allora che, per la prima volta da
quando era arrivata, si chiese dove fosse finito Frank Raleigh.
.....
Nei giorni successivi si contarono
circa novanta fra morti e dispersi nell’incendio del Windsor; alcuni corpi
vennero ritrovati, altri non lo furono mai. Le macerie vennero caricate su
carri e portate via, i mattoni intatti furono recuperati e utilizzati per
costruire nuovi palazzi. La Quinta Avenue, annerita dal fumo e dal dolore, per
alcuni giorni assunse l’aspetto di un infinito corteo funebre.
Non fu mai indicato il nome di un
colpevole. E neppure ne venne mai compresa l’origine: se fosse stata dolosa o
dovuta alla scelleratezza umana non si seppe mai.
Camille Brontee investigò
sull’incidente fino a consumare se stessa e in più di un articolo accusò di
colpevolezza e negligenza il proprietario del Windsor, Elbridge Garry, per non
aver dotato il suo lussuoso hotel delle necessarie misure di sicurezza."
Yours Truly
Viviana